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Questo “Blog” nasce come movimento libero dei lavoratori della PFIZER di Catania. Non legato ad alcuna Organizzazione Sindacale, è aperto a tutti i lavoratori dello stabilimento, siano essi sindacalizzati o non associati ad alcun Sindacato.Non si pone come obiettivo la contrapposizione né nei confronti dell'azienda, né nei confronti del Sindacato, bensì si propone come strumento di informazione e servizio per i lavoratori, di critica costruttiva e di elaborazione di idee innovative, finalizzate a dare un contributo fattivo e responsabile alla vita dello stabilimento, con l'obiettivo di renderlo più forte e competitivo, nel rispetto dei diritti dei lavoratori.

venerdì 25 febbraio 2011

“Pfizer non chiuderà”

CERTEZZA E STABILITÀ PER IL SITO PRODUTTIVO DI CATANIA


25 febbraio 2011 (di BlogSicilia ) - “Lo stabilimento produttivo di Catania è una realtà importante all’interno del network di Pfizer e il suo futuro non è in discussione.
In previsione, anzi, vi sono nuovi possibili investimenti che potranno migliorare l’efficienza e la capacità produttiva del sito.
La cessione del centro di Tossicologia, inoltre, annunciata all’inizio di febbraio, non avrà alcun significativo impatto sullo stabilimento produttivo e non ne comprometterà l’esistenza sul territorio”.
Questo quanto ribadito ieri dai vertici locali di Pfizer nel corso di un incontro svoltosi nella sede di Confindustria Catania con i segretari generali della Cgil, Angelo Villari, della Cisl, Alfio Giulio, della Ugl, Carmelo Mazzeo, per fare il punto sul futuro e sulle prospettive dello stabilimento catanese della multinazionale farmaceutica che impiega nel territorio 750 persone.
All’incontro hanno partecipato anche Giuseppe D’Aquila (Filctem–Cgil), Renato Avola (Femca–Cisl), Alfio Avellino (Uilcem-Uil), Giuseppe La Mendola (Ugl-Chimici).
“Il nostro stabilimento è una realtà importante all’interno delle strategie di Pfizer” ha spiegato Giuseppe Galizia, direttore dello stabilimento di Catania. “È notizia recente che per potenziare la capacità produttiva di Tazocin, un antibiotico iniettabile destinato al mercato americano, investiremo 17 milioni di dollari nei prossimi due anni. Questa importante decisione conferma la strategia volta a migliorare l’efficienza e la capacità produttiva del sito, con l’obiettivo di assicurarne la competitività sul mercato internazionale e accrescere i mercati d’esportazione serviti, fino a quasi a raddoppiare gli attuali 50. Così come gli investimenti, anche il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria dello scorso ottobre, volta a riqualificare il personale per fronteggiare le sfide del mercato che lo stabilimento deve cogliere, rientra nelle misure intraprese per garantirne la competitività futura.”
La cessione del centro di Tossicologia presente nel sito catanese – è stato ribadito – fa seguito ad una revisione globale a livello mondiale del settore ricerca di Pfizer. Al momento sono in corso trattative per trasferire il centro a una terza parte qualificata, nell’ottica di trovare la soluzione migliore per i dipendenti, il territorio e l’azienda stessa, mantenendo aperto un dialogo costruttivo con Istituzioni e parti sociali coinvolte.
I principali criteri adottati per la selezione del nuovo partner – hanno confermato i vertici aziendali - sono il livello occupazionale, la solidità finanziaria e la sostenibilità del piano industriale.

giovedì 17 febbraio 2011

Riflessione

Uno stabilimento unito, dove esiste il rispetto tra le persone e per il lavoro altrui, è condizione prioritaria, in una fase di forte trasformazione aziendale, come quella attuale.
Purtroppo troppa gente rema contro, acuendo profonde ed ataviche spaccature tra colleghi, cercando di sminuire e sottovalutare il lavoro degli altri, senza neanche conoscerlo.
Ma, a rendere tutto più grave, non giovano affatto i comportamenti e le affermazioni di certi pseudo-sindacalisti che, pur di attirarsi il consenso di qualcuno, contribuisce consapevolmente ad aumentare la distanza tra reparti e, ancor peggio, tra categorie di lavoratori.
Sì, proprio quei sindacalisti che poi, in assemblea, vanno predicando unione, come elemento indispensabile per affrontare questo delicato momento aziendale.
Cari amici, credo proprio che tutto ciò meriti un momento di riflessione.....


Tagli alla Pfizer per nove milioni

sabato 12 febbraio 2011

Rivedere la logica del Premio di Partecipazione

Da quando il Premio di Partecipazione è stato introdotto nel CCNL, gli accordi tra le parti sono stati sempre focalizzati sulla revisione del “quantum”, in termini di realizzazione economica immediatamente esigibile.
In una logica più moderna, ritengo sia arrivato il momento di elaborare una nuova formula, capace di coniugare il risultato economico con quello di una vera “partecipazione”, che punti all'obiettivo di una partecipazione agli utili e alla cogestione aziendale, così come avviene già da tempo in altri paesi (Svezia, Germania,....), dove i rappresentanti dei lavoratori sono persino presenti nei Consigli di Amministrazione.
Un passo importante potrebbe essere rappresentato dalla possibilità di una parziale retribuzione del PdP, sotto forma di azioni della Società. Tale misura, che potrebbe essere introdotta in via sperimentale a carattere facoltativo, aprirebbe di fatto la strada ad una vera partecipazione, nella misura in cui, con il passare degli anni, i lavoratori diventerebbero possessori di un ragguardevole pacchetto di azioni.
In questa logica, il lavoratore sarebbe realmente messo nelle condizioni di essere direttamente coinvolto e motivatamente interessato a condividere anche decisioni importanti per la vita della Società.

venerdì 11 febbraio 2011

Più marketing che ricerca: Big Pharma cambia strategia

Allarme dall’Inghilterra dopo la chiusura dei laboratori che hanno inventato il Viagra   -   11/02/2011   La Stampa   ANDREA MALAGUTI

Chiude lo stabilimento dove hanno scoperto il Viagra. E’ uno spettacolare mostro in acciaio che sembra pensato per la Nasa. La Pfizer lo ha costruito 50 anni fa nel Kent, in un paese medievale che si chiama Sandwich, investendo 240 milioni di dollari. E’una specie di paradiso della ricerca, il quartiere generale del gruppo americano in Europa. Ci lavorano 2400 scienziati che hanno fatto studi decisivi sul genoma umano e trovato farmaci per il trattamento del dolore, delle allergie e di numerose malattie infettive, compreso l’Aids, ma nel mondo sono famosi per la pillola blu che cura le disfunzioni erettili e che produce un giro d’affari da 500 milioni di dollari l’anno. Dovranno trovarsi un altro lavoro. Va da sé che il paese è in ginocchio.
I vertici newyorkesi dell’azienda quotata in Borsa hanno deciso di cedere alle pressioni degli azionisti tagliando drasticamente il budget per la ricerca, precipitato da nove a tre miliardi. I soldi risparmiati li hanno destinati a medicine che non hanno bisogno di prescrizione, ad esempio le multivitamine. Hanno una redditività immediata. La ricerca no. Non nel breve termine. Gli inglesi l’hanno presa male. Come se dipendesse da loro.
Il professor Chris Manson, dell’University College di Londra, ha spiegato stizzito al Financial Times che negli ultimi 10 anni il Regno Unito «ha subito duri colpi nell’ambito della ricerca farmaceutica. Era il nostro fiore all’occhielo. Il 12% del lavoro mondiale. Ora siamo al 2%. E’ totalmente inaccettabile». Anche Vincent Cable, ministro per gli affari, e David Willets, che ha la delega alla ricerca, hanno provato a convincere la Pfizer a restare nel Kent. La risposta è stata disarmante. «Voi non c’entrate nulla. E’ un problema di strategie globali». Con enormi ricadute locali.
Per spiegare meglio la propria posizione gli americani hanno prodotto un dato. Vent’anni fa portare un farmaco sul mercato costava 150 milioni di dollari. Oggi servono due miliardi. «La necessità di risparmiare è indiscutibile, ma senza ricerca non si producono nuovi farmaci», spiega Steve Arlington, economista di Pricewaterhouse. Salute o denaro, che cosa vale di più? Per le industrie private la risposta è ovvia. «Tra l’altro le strutture destinate alla ricerca si concentrano ancora sulla chimica, mentre la medicina si occupa di sistemi vitali complessi», sottolinea Liam Ratcliffe, ex responsabile dell’impianto di Sandwich. C’è una rivoluzione in atto e non è ancora chiaro chi ne pagherà i costi.
La Pfizer non fa altro che aggiungersi a una lunga schiera di aziende che hanno seguito percorsi analoghi. La GlaxoSmithKline ha ridotto gli investimenti in farmaci che hanno bisogno di ricetta e ha chiuso uno stabilimento nell’Essex giusto un anno fa, spiegando che «in un momento di crisi non è possibile pensare a significative scoperte farmaceutiche». E Andrew Witt, direttore esecutivo dell’azienda, ha sentenziato gelido: «L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è una lunga pila di mattoni con l’aria condizionata». Via loro e chi c’è dentro. In genere professionisti altamente qualificati. Meglio tenere gli occhi spalancati su quel nulla rasserenante, immediato e anonimo che è il guadagno sicuro.
Simile la scelta fatta dagli anglosvedesi di AstraZeneca, dai francesi di Sanofi Aventis e da Novartis e Roche in Svizzera. «La portata dei tagli è appena all’inizio», profetizza Andrew Baum, analista finanziario di Morgan Stanley. «Il numero dei farmaci legalmente approvati rimane pressoché invariato, il costo legato alla ricerca cresce violentemente. Ovvio che si tratta di uno sbilanciamento difficile da sopportare per le aziende, che ora devono trovare il modo per condividere il rischio dei loro investimenti». Paradossalmente l’età d’oro delle grandi scoperte dell’ultima parte del secolo scorso ha finito per bloccare il mercato all’inizio del terzo millennio. Piccoli passi richiedono sforzi economici enormi. E la collaborazione è complicata.
Chas Bountra, dell’Università di Oxford, dice che, mentre i ricercatori vogliono pubblicare, le aziende pretendonodi proteggere i loro segreti industriali. «Senza un cambiamento delle norme sulla proprietà intellettuale è difficile pensarea un cammino condiviso». Il collega Nicholas Proudfoot è ancora più duro. «Mentre le grandi aziende tagliano il governo inglese investe 600 milioni in un altro centro di ricerca a St. Pancras in collaborazione con le fondazioni mediche. I soldi dovrebbero darli ai laboratori esistenti». A Londra le ruspe sono al lavoro. Il centro si chiamerà UKCMRI. E’ pensato per dare lavoro a 1250 scienziati e avrà un costo di gestione di 100 milioni l’anno. Un sogno o un azzardo? Proudfoot alza le spalle. Lui non ci crede. «La verità è che stiamo andando verso il disastro».

giovedì 10 febbraio 2011

Inventarono il Viagra, ora rischiano il posto di lavoro

Roma, 2 feb. (TMNews) - Il colosso farmaceutico Pfizer ha annunciato la chiusura del centro di ricerca britannico dove venne sviluppato il Viagra. Sono 2.400 i posti di lavoro a rischio nel centro di Sandwich, nel Kent, destinato a chiudere i battenti nell'arco dei prossimi due anni. La decisione di Pfizer rappresenta un duro colpo per il governo britannico, sottolinea oggi il Times, che aveva indicato proprio l'industria farmaceutica come uno settori chiave per il rilancio economico del Paese. Il ministro delle Attività produttive, Vince Cable, ha definito "molto deludente" la decisione del colosso farmaceutico, anche se "l'azienda è stata chiara nel dire che questa decisione rientra nel suo programma di cambiamento globale e non è stata determinata da un giudizio sul Regno unito come sede per la ricerca farmaceutica". Pfizer ha comunque fatto sapere che continuerà a investire "nelle collaborazioni strategiche sia con l'industria che con l'università" del Regno Unito.
Già dal 2007 l'azienda farmaceutica aveva trasferito la produzione del Viagra in Irlanda.